La tecnica POPS

 

La POPS (Pelvic Organs Prolapse Suspension) è una tecnica chirurgica mininvasiva che permette di risolvere contemporaneamente il prolasso di vescica, utero e retto.

L’intervento si esegue in laparoscopia con tre piccole incisioni di 1 centimetro. Consiste nel posizionare, sotto la membrana peritoneale, una benderella di materiale biocompatibile, chiamata mesh che, fissata alla vagina e ai muscoli laterali dell’addome, sostituisce e rinforza i legamenti rotti. L’utero quindi viene riportato nella sua sede anatomica e, di conseguenza vengono riposizionati anche la vescica ed il retto. Il ricovero è di 3 giorni ed è possibile una rapida ripresa della vita normale e dell’attività lavorativa.

È un intervento che ripristina la normale anatomia pelvica e la funzione degli organi.

In alcuni casi, a questa procedura si può addizionare una STARR per correggere l’eventuale prolasso rettale residuo.

L’intervento può essere eseguito anche sulle pazienti alle quali è stato asportato l’utero o che sono state sottoposte a chirurgia per incontinenza urinaria, prolasso vescicale, prolasso uterino.

Quali sono i vantaggi della tecnica POPS?

Un grande vantaggio è la conservazione dell’utero, che, anche se prolassato, è quasi sempre sano. Quindi non viene asportato, ma riportato nella giusta posizione, dove, anche nelle donne in menopausa, ha un ruolo fisiologico molto importante. L’utero divide il retto dalla vescica ed impedisce a questi organi di espandersi causando seri problemi. L’asportazione dell’utero comporta che la vescica potrà dilatarsi a dismisura con difficoltà a svuotarsi, l’alto residuo urinario dà sensazione di peso e, comprimendo il retto, rende difficoltosa l’evacuazione e l’emissione di gas. Queste pazienti, infatti, soffrono spesso di meteorismo e stitichezza.

Salvare l’utero è importante anche perché le donne non si sentono mutilate nella femminilità e si ripristina una normale attività sessuale.

Morbo di Crohn: Cause, Sintomi, Trattamento e Prevenzione

Il Morbo di Crohn è una malattia infiammatoria cronica dell’apparato digerente che colpisce milioni di persone in tutto il mondo. Questo disturbo, spesso indicato semplicemente come “Morbo di Crohn,” può avere un impatto significativo sulla qualità della vita dei pazienti. In questo articolo, esamineremo le cause, i sintomi, il trattamento e le misure preventive del Morbo di Crohn.

Cause del Morbo di Crohn

Le cause esatte del Morbo di Crohn non sono completamente comprese. Tuttavia, diversi fattori sembrano contribuire allo sviluppo di questa malattia. Tra le possibili cause e fattori di rischio si includono:

1. Fattori Genetici

Il Morbo di Crohn ha una forte componente genetica. Le persone con parenti affetti da questa malattia hanno un rischio maggiore di svilupparla. Alcuni geni specifici sono stati identificati come correlati al Morbo di Crohn.

2. Sistema Immunitario

Anomalie nel sistema immunitario sembrano essere coinvolte nel Morbo di Crohn. Il sistema immunitario del paziente può reagire in modo eccessivo al tratto digestivo, causando infiammazione cronica.

3. Ambientali

Esposizioni ambientali a sostanze tossiche o infezioni possono aumentare il rischio di sviluppare il Morbo di Crohn. Alcuni studi suggeriscono che il fumo di sigaretta potrebbe essere un fattore di rischio.

4. Disbiosi Intestinale

Alterazioni nella composizione dei microbi intestinali, chiamate disbiosi, potrebbero essere coinvolte nello sviluppo del Morbo di Crohn. Uno squilibrio nei batteri intestinali può contribuire all’infiammazione.

Sintomi del Morbo di Crohn

I sintomi del Morbo di Crohn possono variare notevolmente da persona a persona. Alcuni dei sintomi più comuni includono:

1. Diarrea Cronica

La diarrea è uno dei sintomi più distintivi del Morbo di Crohn. Può essere grave e protrarsi per settimane o mesi.

2. Dolore Addominale

Il dolore addominale è spesso descritto come crampi. Può variare in intensità e localizzazione.

3. Perdita di Peso

A causa della diarrea, della ridotta assunzione di cibo e dell’infiammazione, i pazienti possono sperimentare una significativa perdita di peso involontaria.

4. Affaticamento

L’infiammazione cronica e i sintomi gastrointestinali possono causare affaticamento persistente.

5. Sanguinamento Retto-Anale

Alcuni pazienti possono sviluppare sanguinamento retto-anale, che può essere associato a emorroidi o ulcere intestinali.

6. Infiammazione Extra-Intestinale

Il Morbo di Crohn può colpire anche altre parti del corpo, come la pelle, le articolazioni e gli occhi.

Trattamento del Morbo di Crohn

Il trattamento del Morbo di Crohn mira a gestire i sintomi, ridurre l’infiammazione e migliorare la qualità della vita del paziente. Le opzioni di trattamento includono:

1. Farmaci Anti-infiammatori

Farmaci come i corticosteroidi e i farmaci aminosalicilati possono aiutare a ridurre l’infiammazione nell’intestino.

2. Farmaci Immunomodulatori

Farmaci come l’azatioprina e il metotrexato possono sopprimere il sistema immunitario per prevenire l’infiammazione.

3. Agenti Biologici

I farmaci biologici, come l’infliximab, sono utilizzati per trattare il Morbo di Crohn grave e resistente ad altri trattamenti.

4. Chirurgia

In alcuni casi, può essere necessaria la rimozione di parti dell’intestino danneggiate o infiammate.

5. Modifiche nella Dieta

Alcuni pazienti trovano sollievo dai sintomi attraverso modifiche nella dieta, come l’eliminazione di cibi che scatenano l’infiammazione.

Prevenzione del Morbo di Crohn

Non esiste una prevenzione garantita per il Morbo di Crohn, ma alcune strategie possono contribuire a ridurre il rischio di svilupparlo:

1. Evitare il Fumo

Il fumo di sigaretta è stato associato a un aumento del rischio di Morbo di Crohn. Smettere di fumare può aiutare a ridurre questo rischio.

2. Gestione dello Stress

Lo stress può peggiorare i sintomi del Morbo di Crohn. Imparare tecniche di gestione dello stress può essere utile.

3. Mantenere una Dieta Equilibrata

Una dieta ricca di frutta, verdura e fibre può contribuire a mantenere l’intestino sano.

4. Evitare L’abuso di Farmaci

L’uso eccessivo di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) può aumentare il rischio di Morbo di Crohn. Usare tali farmaci solo secondo le indicazioni del medico.

Il Morbo di Crohn è una malattia complessa con molte sfaccettature. Le cause esatte rimangono sconosciute, ma fattori genetici, immunitari ed ambientali giocano un ruolo importante. I sintomi possono variare ampiamente da persona a persona e richiedono un trattamento personalizzato. La prevenzione è possibile in parte attraverso l’adozione di uno stile di vita sano e il controllo dei fattori di rischio noti. Chiunque sospetti di avere il Morbo di Crohn dovrebbe cercare la consulenza di un medico esperto per una diagnosi e un piano di trattamento appropriato.

Malattia diverticolare del colon

Malattia diverticolare del colon

Introduzione
La diverticolosi del colon è una condizione comune che affligge circa il 50% della popolazione occidentale entro i 60 anni e quasi tutti all’età di 80 anni. Solo una piccola percentuale di persone che hanno diverticolosi presentano sintomi, e soltanto per alcuni sarà necessario un intervento.

1) Che cos’è la diverticolite?
I diverticoli sono tasche che si sviluppano nelle pareti del colon, di solito nel sigma, o nel colon sinistro, ma possono interessare anche tutto il colon. La diverticolosi descrive la presenza di queste tasche. La diverticolite rappresenta l’infiammazione o le complicazioni di queste tasche.

2) Quali sono i sintomi?
I principali sintomi della malattia diverticolare sono: dolore addominale (solitamente nel quadrante addominale inferiore sinistro), diarrea, spasmo colico, variazione dell’alvo ed occasionalmente una severa emorragia rettale. Questi sintomi compaiono in una piccola percentuale di pazienti con questa condizione e talvolta sono difficili da differenziare dai pazienti affetti da sindrome da colon irritabile.
La diverticolite – un’infezione del diverticolo – potrebbe causare uno o più dei seguenti sintomi: dolore, brividi, febbre, alterazione dell’alvo. Una sintomatologia più importante è presente nelle complicazioni più gravi come la perforazione con accesso o formazione di una fistola.

3) Qual è la causa della malattia diverticolare?
Indicazioni fanno presupporre che una dieta povera di fibre, attuata per molti anni causa un aumento della pressione nel colon che porta alla diverticolosi.

4) Come si tratta la diverticolosi?

La diverticolosi e la malattia diverticolare, solitamente, vengono opportunamente trattate con una dieta adeguata, e alcune volte con medicine che aiutano a controllare il dolore, lo spasmo colico e le variazioni dell’alvo. Aumentando il contenuto di fibre nella dieta (cereali, legumi, verdure, etc.) e qualche volta riducendo alcuni alimenti si riduce la pressione nel colon e queste complicazioni si manifestano più raramente.
La diverticolite richiede una gestione più accurata. Casi moderati possono essere controllati senza ricovero in ospedale; questa decisione deve essere presa dal medico curante.

Il trattamento consiste in antibiotici presi per via orale, restrizioni nella dieta e il possibile uso di prodotti che rendano le feci più morbide. Casi più gravi necessitano del ricovero ospedaliero, gli antibiotici verranno somministrati via endovenosa e la dieta sarà limitata.

La maggior parte degli attacchi acuti possono essere risolti in questo modo.
Il trattamento chirurgico viene riservato ai pazienti con attacchi ripetuti, casi severi o complicati e quando si avverte una debole riposta o, addirittura, nessun miglioramento dopo la terapia medica.
Nella pratica chirurgica, di solito una parte del colon quasi sempre la sinistra o il sigma viene asportata e il colon è agganciato e anastomizzato un’altra volta al retto. Un recupero totale può essere prevedibile. Il normale funzionamento dei movimenti intestinali, spesso recuperato dopo tre settimane, può essere prevedibile.

5) Cos’è un chirurgo colo-rettale?
I chirurghi colo-rettali (o colo-proctologi) sono esperti nel trattamento medico e chirurgico delle malattie colon, retto e ano. Essi hanno solitamente completato un perfezionamento avanzato delle problematiche legate a questo settore, dopo essere stati formati come chirurghi generali. I chirurghi colo-rettali trattano le malattie benigne e maligne, stabiliscono gli esami più opportuni ed intervengono chirurgicamente, solo quando necessario.

Tumori del colon e del retto

Tumori del colon e del retto

1) Epidemiologia (Diffusione del tumore del colon e del retto)
Il carcinoma colorettale rappresenta una delle principali cause di morbosità e mortalità per neoplasia in tutti i paesi occidentali e ad alto sviluppo tecnologico. Si riscontrano 678.000 nuovi casi l’anno nel mondo, 150.000 in Europa e 30.000 in Italia.

L’incidenza grezza nel nostro paese è di 30 – 50 nuovi casi per anno per 100.000 abitanti; i tassi più elevati si registrano nell’Italia centro settentrionale con una maggior prevalenza per i tumori del retto nel sesso maschile.

Questa neoplasia ha fatto registrare nella regione Lazio nel 1998, 2542 nuovi casi; essa rappresenta il secondo tumore in ordine di frequenza per incidenza stimata sull’intera popolazione, con un tasso di 46,2 per 100.000 persone negli uomini e del 17,2 per 100.000 nelle donne.

Allo stato attuale, nonostante questa neoplasia presenti elevati livelli di curabilità rispetto a quelle insorgenti in altri distretti dell’apparato digestivo, la sopravvivenza a 5 anni si attesta mediamente sul 40 – 50 %, potendo raggiungere l’80 – 90 % nelle forme precoci.

Il 12 % di tutte le morti per tumore negli uomini ed il 16 % nelle donne sono riferibili a neoplasie di questo distretto. Il carcinoma del grosso intestino ha una elevata incidenza nei paesi occidentali, vicina a quella del carcinoma gastrico e del carcinoma polmonare (nel sesso maschile), e del carcinoma mammario (nel sesso femminile).

È ben dimostrata l’importanza di fattori costituzionali e genetici (es.: alta frequenza in alcune popolazioni rispetto ad altre, elevatissima incidenza nelle famiglie con individui portatori di poliposi familiare), come pure della qualità e quantità dei cibi ingeriti.

Una alimentazione povera di fibre vegetali può favorire l’insorgenza di un carcinoma del colon-retto (le fibre, dando luogo a un transito intestinale accelerato, diminuiscono il tempo di contatto della mucosa con eventuali carcinogeni), come pure una dieta ricca in grassi (colesterolo e suoi derivati: sostanze a potenziale carcinogenetico); anche una dieta iperproteica è in grado di alterare la flora batterica del colon (prevale la crescita degli anaerobi, capaci di trasformare i sali biliari in carcinogeni, rispetto agli aerobi). Le localizzazioni prevalenti del cancro del colon (70% circa) sono il sigma e il retto.

I carcinomi del colon, dal punto di vista biologico, sono neoplasie in genere a basso potenziale maligno, soprattutto nelle età più avanzate; la chirurgia, se realizzata in fase precoce, ha dunque possibilità curative.

2) Sintomatologia (come riconoscere?)
Il carcinoma del colon-retto è spesso presente per lungo tempo prima di manifestarsi con segni clinici. Tuttavia, in relazione alla sede di insorgenza si possono avere segni diversi con tempi di comparsa diversi.

I carcinomi del colon sinistro sono in genere più precocemente riconoscibili attraverso il reperimento di sangue nelle feci accompagnato o meno da diarrea e/o costipazione. I carcinomi del lato destro hanno comportamento più subdolo: sintomi non caratteristici quali astenia, malessere, rapida perdita di peso e anemia senza apparenti motivi possono esserne il campanello d’allarme. In ogni caso il carattere principale e comune di tali neoplasie rimane l’elevata tendenza al sanguinamento, per cui il segno da ricercare è la presenza di sangue nelle feci.

3) Prevenzione secondaria dei tumori del colon-retto
Le neoplasie del colon-retto rappresentano attualmente il 15% di tutti i tumori e sono un’importante causa di mortalità per entrambi i sessi: in Europa e nei paesi occidentali in genere è la seconda causa di morte per tumore sia nell’uomo, dopo le neoplasie del polmone, sia nelle donne, dopo le neoplasie della mammella.
In Italia, i dati si riferiscono al 1994, sono stati registrati 17.760 nuovi casi nel sesso maschile e 18.060 nel sesso femminile per un totale di decessi rispettivamente di 9.731 e 9.318; la probabilità di ammalare (per 100 soggetti in età fra 0 e 74 anni) è pari al 4,3 per il sesso maschile e 2,8 per il sesso femminile.
Il rischio globalmente considerato di ammalare di carcinoma del colon-retto varia fra Nord e Sud in entrambi i sessi ed è verosimilmente in relazione alle diverse abitudini alimentari e/o a stili di vita differenti ; infatti l’incidenza e la mortalità sono nettamente più elevate al Nord e al Centro rispetto al Sud con differenze fra i valori estremi vicine o superiori ad un fattore 2.
Confrontando la posizione del nostro paese nell’ambito dei tumori del colon-retto l’Italia attualmente si colloca in modo intermedio nella scala internazionale con tendenza all’allineamento ai livelli di frequenza più elevati tipici del Nord America e del Nord Europa. In generale l’incidenza è in aumento mentre la mortalità è stazionaria con un trend in discesa. La sopravvivenza a 5 anni è aumentata negli ultimi 20 anni (percentuali stimate fra 6 e 8%) con un’attesa di circa il 60% ; questo dato positivo è dovuto ad una maggiore tempestività nella diagnosi e ad una maggiore efficacia dei trattamenti adiuvanti post-chirurgici. Il tumore diagnosticato in fase iniziale di malattia è curabile radicalmente con la sola chirurgia; infatti le percentuali di guarigione a 5 anni sono proporzionali allo stadio di malattia.

La localizzazione anatomica più frequente, pari a circa il 70-75%, è a livello del sigma-retto di cui il 30% è esplorabile manualmente e il 60% è evidenziabile con la rettosigmidoscopia: tale dato è estremamente utile per le indagini clinico-strumentali di prevenzione secondaria.

In considerazione di quanto detto, appare chiaro come la storia naturale della malattia possa essere influenzata dalla prevenzione e dalla diagnosi tempestiva; la prevenzione secondaria sarebbe quindi potenzialmente capace di ridurre sensibilmente la mortalità legata alla malattia.

I test disponibili per lo screening delle neoplasie del colon-retto sono:
• Sangue occulto nelle feci
• Esplorazione rettale
• Rettosigmoidoscopia
• Colonscopia
• Clisma opaco con doppio mezzo di contrastto
Dati recenti evidenziano che l’impiego dei test di screening aumentano la possibilità di scoprire forme di carcinomi del colon-retto in fase iniziale portando in questo modo ad una diminuzione della mortalità di tali patologie neoplastiche.

Il National Cancer Institute degli U.S.A. e l’American Cancer Society raccomandano le seguenti regole:
1. Praticare l’esplorazione rettale in corso di visita medica nei soggetti asintomatici di età > 45 anni;
2. Eseguire annualmente oltre i 50 anni il test per la ricerca del sangue occulto nelle feci e ogni 5 anni la rettosigmoidoscopia. L’American Geriatric Society suggerisce di attuare la ricerca del sangue occulto fino all’età di 85 anni. La rettosigmoidoscopia flessibile è un test altamente sensibile e l’American Cancer Society ne raccomanda l’esecuzione ogni 3-5 anni. Una sola rettosigmoidoscopia verso la fine della sesta decade dovrebbe permettere di identificare la maggior parte dei soggetti con adenomi distali a rischio di cancerizzazione.
3. Monitorare i pazienti a rischio. La colonscopia ha un’alta sensibilità e specificità (> 95%), ma è improbabile che diventi una procedura standard di screening in considerazione del suo costo elevato, della bassa compliance e della morbilità moderata; è un test da eseguire nei soggetti a medio ed alto rischio.

4) Fattori di rischio
I fattori di rischio per tali neoplasie sono di tipo:

Ambientale
• Età > a 50 anni,
• Dieta ricca di grassi e proteine, povera di fibre e micronutrienti,
• Obesità,
• Fumo/alcool
• Condizione sociale medio-alta
Sembra che i fattori ambientali, e in particolare quelli dietetici, siano responsabili della gran parte dei tumori del colon-retto. Gli studi epidemiologici delle abitutidini alimentari e delle migrazioni delle popolazioni hanno evidenziato che la dieta ricca di grassi animali e di carne e povera di fibre aumenta il rischio per questi tumori. Infatti la dieta ad alto contenuto di proteine e di grassi di origine animale si associa con un elevato contenuto di acidi biliari e metaboliti del colesterolo nelle feci dei pazienti portatori di neoplasie del colon-retto.
Oltre le elevate concentrazioni di acidi grassi si ricordano anche la carenza di calcio e il pH alcalino delle feci; d’altra parte è dimostrato l’effetto protettivo della dieta ricca di verdure, di frutta e di cereali.

Ereditari
• Poliposi Adenomatosa Familiare (PAF): è autosomica dominante caratterizzata dalla presenza di numerosissimi polipi adenomatosi localizzati soprattutto a carico del colon Sn. I polipi non sono presenti alla nascita ma si evidenziano nella adolescenza avanzata superando in diversi casi il numero di mille. Tutti i soggetti affetti da questa patologia sono destinati a sviluppare nell’arco della loro vita un carcinoma del colon-retto
• Sindrome di Gardner: è simile ma meno frequente della PAF (1 su 14.000 nascite); è caratterizzata dalla copresenza di polipi dell’intestino tenue, di tumori desmoidi del mesentere e della parete addominale, di lipomi, di cisti sebacee, di osteomi e di fibromi; è una malattia autosomica dominante.
Predisponenti
• Colite ulcerosa
• Morbo di Crohn
• Precedente patologia neoplastica maligna
• Irradiazione pelvica
• Polipi adenomatosi
• Displasia/adenoma.
Ricordiamo infine le raccomandazioni del National Cancer Institute (NCI) degli Stati Uniti d’America per la prevenzione primaria dei tumori del colon-retto:
• ridurre l’assunzione di grassi al 20 – 300% delle calorie totali;
• includere nella dieta quotidiana frutta e verdura;
• assumere alcolici con moderazione
• evitare l’obesità
• aumentare l’apporto giornaliero di fibre a 20 – 30 gr.
• diminuire il consumo di cibi conservati

Ragade Anale

Ragade Anale – Proctologo Monza

La ragade anale è una ferita del bordo anale che nelle fasi iniziali può provocare lievi fastidi come prurito o sanguinamento. È frequente in persone che soffrono di stitichezza e che emettono feci dure e voluminose. Quando invece la malattia é in fase più avanzata, il dolore si fa sempre più intenso specialmente dopo la defecazione. Andare al bagno diventa un vero incubo. Il soggetto affetto da ragade cerca di non andare al bagno per non scatenare le crisi dolorose. La terapia medica può essere risolutiva se effettuata precocemente. Per risolvere la fase cronica, invece esistono metodi ambulatoriali senza ricovero o metodi chirurgici che prevedono un solo giorno di degenza.

1) Le Cause
Le cause di questa patologia non sono state interamente chiarite. La ferita può essere causata da defecazioni con sforzo o da agenti meccanici (ossa di pollo, lische di pesce, residui alimentari irritanti) che provocano una lesione dell’ano, tale lesione ogni volta che passano le feci si riapre e diventa sempre più profonda e fastidiosa. Il dolore solitamente insorge durante e dopo la defecazione e si protrae da pochi minuti ad alcune ore. Alla base sembra esservi uno spasmo riflesso dello sfintere dell’ano che il paziente mette in atto per difendersi dal fastidio.

2) Cosa fare
Almeno il 70% delle ragadi anali guarisce con l’ausilio di particolari creme (l’applicazione di pomate contenenti nitroglicerina tra lo 0,2% e l’1%), o con l’uso di dilatatori anali a caldo, e sempre con il rispetto di una dieta ad alto contenuto di fibre (frutta, verdura, cereali, etc.), associati ad una ragguardevole ingestione di liquidi.Cercare quindi di emettere feci morbide aiutandosi con blandi lassativi, fare impacchi o bidet caldi ripetuti più volte nella giornata e assumere antidolorifici.
E’ importante che le cure vengano effettuate precocemente.

Ostruzione della Defecazione: Cause, Sintomi e Rimedi

Ostruzione della Defecazione: Cause, Sintomi e Rimedi

L’ostruzione della defecazione, conosciuta anche come stitichezza cronica, è un disturbo comune che influisce sul processo di evacuazione dell’intestino. Questa condizione può causare disagio significativo e influenzare la qualità della vita di una persona. Esploriamo le cause sottostanti, i sintomi correlati e i rimedi efficaci per gestire questo problema.

Cause dell’Ostruzione della Defecazione:

  1. Dieta inadeguata: Una dieta povera di fibre può portare a un rallentamento del transito intestinale, rendendo le feci più difficili da espellere.
  2. Stile di vita sedentario: La mancanza di attività fisica può influenzare il movimento intestinale, contribuendo all’ostruzione.
  3. Disfunzioni anatomiche: Problemi strutturali nell’intestino o nell’area anale possono causare difficoltà nell’evacuazione.
  4. Effetti collaterali di farmaci: Alcuni farmaci possono causare stitichezza come effetto collaterale, rallentando il movimento intestinale.

Sintomi dell’Ostruzione della Defecazione:

  • Difficoltà nell’evacuazione: Il principale segno di ostruzione della defecazione è la difficoltà nel passaggio delle feci, spesso accompagnata da uno sforzo eccessivo durante la defecazione.
  • Sensazione di evacuazione incompleta: Anche dopo aver defecato, si può provare la sensazione di non essersi completamente svuotati.
  • Dolore e disagio: Il paziente può sperimentare dolore addominale, gonfiore o crampi durante i tentativi di evacuazione.

Rimedi e Trattamenti:

  1. Modifiche nella dieta: Aumentare il consumo di fibre attraverso frutta, verdura e cereali integrali può migliorare la consistenza delle feci e facilitare il transito intestinale.
  2. Attività fisica regolare: L’esercizio fisico può migliorare la funzione intestinale, stimolando il movimento delle feci attraverso l’intestino.
  3. Idratazione adeguata: Bere abbondante acqua aiuta a mantenere le feci morbide, facilitando il passaggio attraverso l’intestino.
  4. Farmaci e trattamenti medici: In alcuni casi, possono essere prescritti lassativi o altri farmaci per facilitare l’evacuazione. Procedure mediche come l’irrigazione del colon possono essere considerate per casi gravi e persistenti.

L’ostruzione della defecazione è un problema comune che può essere gestito efficacemente con modifiche nello stile di vita, cambiamenti dietetici e, se necessario, assistenza medica. Tuttavia, è fondamentale consultare un professionista sanitario per una valutazione accurata e un piano di trattamento personalizzato.

Per prevenire questa condizione, adottare uno stile di vita sano, fare esercizio regolare e seguire una dieta equilibrata ricca di fibre è fondamentale per mantenere un regolare transito intestinale e favorire la salute digestiva.

Colon Irritabile

Colon Irritabile

1) Cos’è
La sindrome dell’intestino irritabile (SII) è un complesso sintomatologico che comprende dolore addominale ed irregolarità dell’alvo, dovuto ad alterazioni motorie funzionali del colon. E’ senza dubbio la più frequente causa di ricorso al medico per patologia gastroenterologica.

2) Come me ne accorgo
Sintomi caratteristici della sindrome dell’intestino irritabile sono:
• il dolore, più frequente in fossa iliaca sinistra ma che si può localizzare in tutte le zone addominali, è quasi costantemente presente. A volte il dolore può anche interessare le spalle o la regione lombare. Il sintomo, generalmente, non è molto intenso; non disturba il sonno, può seguire il pasto ed è alleviato o risolto con l’evacuazione di feci o gas;
• la stipsi può essere tale da consentire l’evacuazione solo dopo uso di lassativi o clisteri;
• la diarrea con numero variabile di scariche di feci di consistenza ridotta, raramente notturne ed accompagnate o meno da dolore addominale.
Nell’intestino irritabile, generalmente, si alternano periodi di diarrea, di stipsi e di normalità nella evacuazione.

Altri sintomi addominali, meteorismo con senso di gonfiore addominale, borborigmi, nausea.

Altri sintomi non addominali: cefalea, facile stancabilità, difficoltà alla concentrazione, palpitazione, dispnea, disuria.

3) Gli esami
La diagnosi di sindrome del colon irritabile è essenzialmente clinica cioè basata sull’anamnesi (presenza dei sintomi da molti anni e loro accentuazione in corrispondenza di stress emotivi o fisici) e sulla normalità della visita medica e di eventuali esami di laboratorio praticati.
Se i sintomi suddetti si presentano, per la prima volta, dopo i 40 anni, o quando questi variano improvvisamente, è indicato sottoporre il paziente ad indagini atte ad individuare l’esistenza di patologia organica del colon (clisma opaco a doppio contrasto, colonscopia).

4) Cosa aspettarsi
La sindrome da intestino irritabile è cronica con periodi di riacutizzazione sintomatologica e fasi di quiescenza. La patologia ha decorso benigno, e non determina, generalmente, dimagramento né compromissione delle condizioni generali. Le uniche complicanze sono la comparsa, come conseguenza del ponzamento cronico nelle forme a prevalente stipsi, di diverticoli del colon, emorroidi e ragadi e prolasso del canale anale.

5) Che fare
La terapia deve contrastare i sintomi prevalenti.

Per il dolore: antispastici tipo anticolinergici (propantelina bromuro, prifinio bromuro, cimetropio bromuro) e miolitici (trimebutina, pinaverio bromuro, ottilonio bromuro, luoroglicina) che agiscono riducendo lo spasmo intestinale. L’olio di menta in capsule, oltre all’effetto antispastico, è in grado di ridurre la sensazione di gonfiore addominale.

Per la stipsi: procinetici tipo levosulpiride che determina un aumento della motilità peristaltica intestinale e quindi facilita la progressione delle feci; fibre contenute nei lassativi di massa (metilcellulosa, Agar, Crusca, Glucomannani, derivati dello psillio); lassativi osmotici (lattulosio e lattitolo).

Per la diarrea: loperamide che agisce riducendo la peristalsi dell’intestino; farmaci adsorbenti (carbone attivo, caolino, diosmectite) che, adsorbendo i liquidi, aumentano la consistenza delle feci.

Utili, al fine di ridurre la componente psicosomatica, la stessa levosulpiride, gli ansiolitici (benzodiazepine tipo bromazepam, lorazepam) e gli antidepressivi (amitriptilina).

6) Consigli
Quando il sintomo prevalente è la stipsi, è necessario aumentare le fibre ingerite con la dieta (almeno 400g al giorno di verdure o frutta), bere almeno 1,5 litri di acqua al giorno, aumentare l’attività fisica. Cercare di regolarizzare l’evacuazione recandosi alla toilette, anche in assenza di stimolo, ad orari precisi.
Quando il sintomo prevalente è il dolore è utile ridurre l’ingestione di sostanze fermentanti tipo legumi, cavoli, cipolle, broccoli, spinaci, prugne, mele, ciliegie, banane, latte, panna, gelati, cibi molto grassi, fritti, cereali integrali.
Il paziente dovrebbe imparare a riconoscere gli alimenti che scatenano o aggravano i sintomi in modo da evitarli o da ridurne l’introito.

Fistola e ascesso perianale

Fistola e ascesso perianale
Le fistole perianali sono piccoli tunnel che mettono in comunicazione la cute intorno all’ano (cute perianale ) con l’interno del canale anale. In genere sono precedute da un ascesso perianale e cioè da una suppurazione della cute perianale che si apre all’esterno, spontaneamente o tramite incisione chirurgica. In genere non guariscono spontaneamente anche se esiste la possibilità di guarigione senza intervento ( 10-15 % dei casi ).1) Cause
Non completamente chiarite. Forse la causa primitiva é una infezione delle ghiandole del canale anale che vanno incontro ad ascessualizzazione per cause sconosciute. Dall’ ascesso alla fistola il passo é breve, in quanto il pus cerca una via di uscita all’esterno attraverso la cute intorno all’ano.2) Sintomi
L’ascesso, come detto é la fase iniziale. Il paziente avverte un dolore in sede anale che aumenta gradatamente. Nel giro di ore o giorni si forma , vicino all’ano, una zona arrossata, dura e molto dolente accompagnata quasi sempre da febbre alta.
La fistola é la fase seguente, quando l’ascesso si rompe, spontaneamente o tramite incisione.

I sintomi sono:
• Secrezione di pus o sangue da un piccolo forellino situato vicino all’ano.
• Prurito
• Dolore e febbre quando la fistola si infetta e provoca nuovamente un ascesso.

3) Cosa fare
Appena si forma l’ascesso rivolgersi ad un chirurgo, meglio se proctologo. Quando ormai la fistola si é formata si deve ricorrere all’ intervento chirurgico, in genere non doloroso che prevede pochi giorni di degenza.

Esistono purtroppo delle fistole complesse ( 10% ) , che non sono superficiali ma profonde, e che richiedono interventi più laboriosi e a volte in più .

In pochi centri vengono effettuati interventi per fistole anche molto complesse con tecnica VAAFT che permette una guarigione in tempi molto più brevi senza ferite aperteE senza rischio di lesioni agli sfinteri.

Dr. Sergio Agradi – Proctologo Monza – https://www.facebook.com/DrSergioAgradiProctologo

Condilomi anali: cause, sintomi, diagnosi e trattamento

Condilomi anali: cause, sintomi, diagnosi e trattamento

I condilomi anali sono una condizione medica che colpisce molte persone in tutto il mondo. Queste escrescenze cutanee, conosciute anche come verruche genitali, sono causate dall’infezione da alcuni tipi di papillomavirus umano (HPV) e si sviluppano nell’area anale. In questo articolo, esamineremo le cause, i sintomi, la diagnosi e le opzioni di trattamento dei condilomi anali, nonché forniremo consigli importanti per la prevenzione.

Cause dei condilomi anali

I condilomi anali sono causati da una infezione da HPV, un virus altamente contagioso. Esistono più di 200 diversi ceppi di HPV, ma solo alcuni di essi sono associati allo sviluppo di condilomi anali. I tipi di HPV più comuni responsabili dei condilomi anali includono il 6 e il 11. La trasmissione del virus avviene principalmente attraverso il contatto diretto con la pelle o le mucose infette, spesso durante il rapporto sessuale.

Le persone con una vita sessuale attiva sono a rischio maggiore di contrarre il virus. Tuttavia, è importante notare che il virus può rimanere latente nel corpo per settimane, mesi o anche anni prima che compaiano i sintomi. Questo significa che è possibile contrarre il virus da un partner sessuale che non mostra alcun segno evidente di infezione.

Sintomi dei condilomi anali

I sintomi dei condilomi anali possono variare notevolmente da persona a persona. Alcune persone possono contrarre il virus e non sviluppare mai sintomi evidenti, mentre altre possono sviluppare escrescenze cutanee visibili nell’area anale. I sintomi comuni dei condilomi anali includono:

  1. Verruche nell’area anale: Queste escrescenze cutanee possono variare in dimensioni e forma e possono apparire singolarmente o in gruppi. Sono spesso di colore carne o leggermente più scure.
  2. Prurito: Il prurito nell’area anale è un sintomo comune associato ai condilomi anali. Può essere lieve o più intenso a seconda della gravità dell’infezione.
  3. Dolore: Alcune persone possono sperimentare dolore nell’area anale, specialmente durante i movimenti intestinali o i rapporti sessuali.
  4. Sanguinamento: Il sanguinamento può verificarsi se le verruche vengono irritate o danneggiate.
  5. Secrezioni vaginali anomale: Le donne con condilomi anali possono notare secrezioni vaginali insolite.

È importante notare che i sintomi dei condilomi anali possono essere confusi con altre condizioni dell’area anale, come emorroidi o altre infezioni. Pertanto, se si sospetta di avere condilomi anali, è importante consultare un medico per una diagnosi accurata.

Diagnosi dei condilomi anali

La diagnosi dei condilomi anali di solito coinvolge una visita medica e un esame fisico dell’area interessata. Il medico esaminerà attentamente l’area anale alla ricerca di escrescenze cutanee o altre anomalie. Possono essere effettuati test diagnostici aggiuntivi, tra cui:

  1. Test di acido acetico: In questo test, il medico applica una soluzione di acido acetico sulle zone sospette. Le verruche tendono a diventare bianche quando vengono esposte all’acido acetico.
  2. Colposcopia anale: Questo test coinvolge l’uso di un colposcopio, uno strumento che consente al medico di esaminare l’area anale in dettaglio. Possono essere prese biopsie se necessario.
  3. Test del DNA dell’HPV: Questo test può confermare la presenza del virus HPV nel campione.

Una volta effettuata una diagnosi, il medico sarà in grado di determinare il trattamento più adatto per il paziente.

Trattamento dei condilomi anali

Il trattamento dei condilomi anali mira a rimuovere le verruche e a prevenire il loro ritorno. Le opzioni di trattamento includono:

  1. Applicazione topica di creme o soluzioni: Questo tipo di trattamento può essere fatto a casa o sotto la supervisione di un medico. Sono disponibili creme contenenti agenti cheratolitici, come il podofillina o l’imiquimod, che possono essere applicate direttamente sulle verruche. È importante seguire attentamente le istruzioni del medico o del foglietto illustrativo del farmaco.
  2. Crioterapia: Questo trattamento comporta l’uso del freddo per congelare le verruche, facendole morire. Viene eseguito in ufficio dal medico.
  3. Elettrocauterizzazione: Questo procedimento utilizza una sonda elettrica per bruciare le verruche. Di solito, si tratta di un trattamento ambulatoriale eseguito in ufficio.
  4. Chirurgia: In alcuni casi, il medico può optare per la rimozione chirurgica delle verruche, soprattutto se sono di grandi dimensioni o non rispondono ad altri trattamenti.
  5. Laserterapia: Questo trattamento utilizza il laser per rimuovere le verruche. Può essere un’opzione efficace, soprattutto se le verruche sono difficili da trattare con altri metodi.

È importante notare che nessuno di questi trattamenti garantisce la prevenzione completa del ritorno delle verruche. Il virus HPV può rimanere latente nel corpo, e le verruche possono tornare in futuro. Pertanto, è essenziale seguire le linee guida del medico e adottare misure preventive per ridurre il rischio di reinfezione.

Prevenzione dei condilomi anali

La prevenzione dei condilomi anali inizia con la consapevolezza e l’adozione di misure precauzionali. Ecco alcune strategie per ridurre il rischio di contrarre il virus HPV e sviluppare condilomi anali:

  1. Vaccinazione: Il vaccino contro l’HPV è una delle misure più efficaci per prevenire l’infezione. È raccomandato per ragazzi e ragazze adolescenti, ma può essere somministrato anche agli adulti che non lo hanno ricevuto in precedenza. Il vaccino copre i tipi di HPV più comuni associati ai condilomi anali e al cancro.
  2. Praticare il sesso sicuro: L’uso corretto del preservativo può aiutare a ridurre il rischio di contrarre il virus HPV e altre infezioni sessualmente trasmesse.
  3. Evitare il sesso con partner infetti: Se si conosce o sospetta di avere un partner infetto da HPV, è importante discutere delle misure preventive e dell’uso del preservativo.
  4. Screening regolare: Le persone con un maggiore rischio di contrarre il virus, come coloro che hanno molteplici partner sessuali, dovrebbero essere sottoposte a screening regolari e seguire le raccomandazioni del proprio medico per la prevenzione.
  5. Evitare il fumo: Alcune ricerche suggeriscono che il fumo di tabacco può aumentare il rischio di sviluppare condilomi anali e altre condizioni associate all’HPV. Quindi, smettere di fumare può essere un passo positivo per la prevenzione.
  6. Ridurre il numero di partner sessuali: Limitare il numero di partner sessuali può contribuire a ridurre il rischio di esposizione al virus.
  7. Educazione sessuale: L’educazione sessuale è fondamentale per aumentare la consapevolezza sui rischi legati alle infezioni sessualmente trasmesse e per promuovere comportamenti sicuri.

Conclusioni

I condilomi anali sono una condizione medica comune causata da un’infezione da HPV. Sebbene spesso siano associati a sintomi come verruche, prurito, dolore e sanguinamento nell’area anale, è importante notare che molte persone possono contrarre il virus e rimanere asintomatiche per un certo periodo. La diagnosi e il trattamento precoci sono essenziali per gestire i condilomi anali in modo efficace.

La prevenzione è altrettanto importante, e ci sono diverse misure che possono aiutare a ridurre il rischio di contrarre il virus HPV e sviluppare condilomi anali. Queste misure includono la vaccinazione, il sesso sicuro, l’evitare il sesso con partner infetti, il controllo regolare e altre strategie di prevenzione.

È fondamentale consultare un medico se si sospetta di avere condilomi anali o si ha una maggiore preoccupazione per l’infezione da HPV. Il medico sarà in grado di stabilire una diagnosi accurata e consigliare il trattamento appropriato per ciascun individuo. La prevenzione e l’educazione sono i migliori strumenti per gestire questa condizione e ridurre il rischio di diffusione dell’HPV.

Colite ulcerosa

Colite ulcerosa

1) Che cos’è la colite ulcerosa?
La colite ulcerosa è una malattia a decorso protratto che interessa l’apparato gastro-enterico e, assieme alla malattia di Crohn, rientra tra le “malattie infiammatorie croniche intestinali”. Nella colite ulcerosa vi è una importante infiammazione che interessa soltanto il grosso intestino, il colon, localizzandosi sempre e comunque nel tratto terminale, ovvero la regione del retto e del sigma. Va detto ancora che la si definisce proctite quando l’infiammazione è soltanto localizzata al retto-sigma, colite sinistra quando l’infiammazione colpisce tutto il colon e colite totale quando tutto il colon è coinvolto.

2) Quanto è frequente in Italia?
Non abbiamo dati ufficiali, ma si calcola che globalmente la colite ulcerosa e la malattia di Crohn colpiscano oltre 100.000 persone in Italia. Si è cercato di calcolare quante persone potrebbero essere colpite ogni anno e si ipotizza un’incidenza pari a 8,1 nuovi casi per 100.000 abitanti, considerando la popolazione adulta, distribuita in modo pressoché uniforme in entrambi i sessi.

3) Come si manifesta, come riconoscerla?
Il sintomo guida è la radicale modificazione dell’alvo, ovvero scariche diarroiche ma con feci miste a sangue e muco, che sono tanto più frequenti quanto la malattia è più severa . Infatti la colite ulcerosa può esordire in forma lieve ma anche con un attacco acuto particolarmente grave. Nei casi di localizzazione rettale (proctite) può comparire anche un quadro di stipsi.

4) Perché c’è diarrea con muco e sangue?
E’ molto importante capire cosa scatena queste scariche diarroiche, ovvero, a quale tipo di sofferenza va incontro la mucosa intestinale. Si tratta di processi infiammatori della mucosa che comprendono, in certi casi, vere e proprie ulcerazioni, che provocano il sanguinamento e il versamento del muco nel lume dell’intestino. Nelle forme più gravi sono presenti disturbi generali, ovvero: febbre, aumento della frequenza cardiaca (tachicardia), anemia, perdita di forze e di appetito, diminuzione delle proteine circolanti e squilibrio di importanti sostanze come potassio, sodio e cloro. Insomma, tutto l’organismo entra in sofferenza.

5) Come diagnosticare la colite ulcerosa?
La diagnosi della malattia viene fatta quando sono riconosciute alcune condizioni:
1. per prima cosa occorre documentare l’infiammazione a livello rettale;
2. In secondo luogo bisogna escludere che quelle lesioni non siano state provocate da una sostanza particolare, quali gli antinfiammatori non steroidei, un’infezione o qualunque agente fisico o chimico;
3. Terzo punto, è necessario essere sicuri che l’infiammazione sia persistente e protratta.
Il primo punto richiede il ricorso all’esame endoscopico, ma limitato al sigma, quindi eseguibile con il sigmoidoscopio flessibile o rigido. Con questo strumento lo specialista vede subito se la mucosa è infiammata e di che tipo sono le lesioni. Può, altresì, fare una biopsia della mucosa. L’esame istologico confermerà poi la presenza dell’infiammazione. Se con la sigmoidoscopia si sono già ben delimitati i confini delle lesioni, ovvero se si vede che non vanno al di là del sigma, si può evitare la colonscopia.

Altrimenti quest’ultimo esame è necessario per stabilire bene le altre localizzazioni, definendo così, anche l’intera; estensione dell’infiammazione. In alternativa si può ricorrere dall’esame radiologico, il clisma opaco a doppio contrasto e in taluni casi anche all’ecografia. Per il secondo punto gli esami fondamentali sono la ricerca di parassiti o di altri agenti infettivi nelle feci, o il prelievo di sangue per escludere la presenza di infezioni recenti. Per il terzo punto la biopsia è di aiuto a identificare la natura dell’infiammazioe; nel caso della colite ulcerosa la lesione cronica si automantiene nel tempo.

6) Come si cura la colite ulcerosa?
Oggi possiamo dire che la malattia viene curata in modo preciso, sicuro e affidabile: l’esperienza accumulata in questi anni, grazie anche a continui scambi di informazioni e di risultati ottenuti con questo o quel farmaco, tra esperti di tutto il mondo, ha fatto sì che siano stati messi a punto protocolli farmacologici validi nelle varie forme della malattia. Si sono evitate così le gravi insidie degli attacchi acuti, che nel passato potevano anche essere mortali. Si sono anche stabiliti criteri utili alla decisione di eseguire un eventuale trattamento chirurgico. Per quanto riguarda strettamente la prevenzione, dobbiamo distinguere tra prevenzione della fase acuta e prevenzione delle recidive.

7) Come si cura la fase acuta?
Nel caso che la malattia esordisca con un attacco severo, vale a dire con più di sei scariche giornaliere feci muco-sanguinolente e disturbi generali, occorre sempre il ricovero in ospedale. Qui gli specialisti sottopongono il malato ad un trattamento intensivo, con alte dosi di cortisone, della durata di circa 7-10 giorni. Sono somministrati anche liquidi, plasma ed elettroliti, nonché sostanze ad alto contenuto calorico.

In oltre la metà dei casi, dal 50 al 70 per cento, la risposta ottenuta è molto buona; viene così evitato l’intervento chirurgico e, soprattutto, il rischio di mortalità è stato del tutto azzerato. Tra le proposte farmacologiche di quest’ultimo periodo, per la fase acuta va segnalata la possibilità di usare anche farmaci immunosoppressori, come la ciclosporina, sempre per via endovenosa.

8) Come si curano gli attacchi lievi o moderati?
In queste forme le scariche non superano mai le 5-6 al giorno, la malattia è generalmente limitata al retto-sigma, estendendosi al massimo al colon di sinistra; qui rispetto al passato c’è stata una vera rivoluzione terapeutica che ha messo in secondo piano la somministrazione di cortisone per bocca e localmente. E così oggi si tende decisamente a privilegiare il trattamento locale, ovvero l’uso di farmaci somministrati per via rettale. Primi tra tutti i clismi, quindi le supposte, a cui si sono aggiunte proprio di recente preparazioni a base di schiuma.

Il principio attivo più frequentemente usato è il 5-ASA, ovvero la parte attiva della molecola salazopirina, che agisce localmente sulla mucosa del colon. Questo nuovo indirizzo di cura, che è nato proprio in Italia, offre oggi la possibilità di controllo degli attacchi, almeno nell’80-90 per cento dei malati; resta così una piccola percentuale di pazienti, non oltre il 15 per cento, che ha ancora bisogno di cortisone per via sistemica. Va aggiunto però che un piccolo gruppo di pazienti, quelli con colite distale refrattaria, può non rispondere a questa terapia “standard”. In questi casi si opta per la somministrazione contemporanea di cortisone e 5-ASA o di immnunosoppressori o per l’impiego protratto nel tempo di 5-ASA.

9) Come si prevengono le ricadute?
Anche qui c’è stato un vero e proprio affinamento terapeutico. La molecola usata nel passato, ovvero la salazopirina, che si era dimostrata in grado di prevenire le ricadute della malattia, ma che aveva numerosi effetti collaterali, è stata sostituita dalla nuova generazione di composti, costituiti appunto dalla sua parte attiva, ovvero il 5-ASA. Si tratta di preparazioni che, assunte per bocca, liberano il principio attivo soltanto dove è effettivamente utile, cioè nel colon. Tutto questo ha contribuito a curare meglio e con maggiore sicurezza per lunghi periodi la stragrande maggioranza dei pazienti con colite ulcerosa.

10) E l’intervento chirurgico?
L’intervento chirurgico può essere effettuato o come terapia alternativa in caso di fallimento della terapia medica, nelle forme severe, oppure come scelta terapeutica nel caso di impoverimento della qualità di vita o scarsa risposta alla terapia medica. Non va più vissuto, comunque, come un evento drammatico in quanto, grazie ai perfezionamenti della tecnica chirurgica, deve essere considerato come un valido strumento terapeutico in grado di eliminare la malattia.

L’intervento chirurgico può essere effettuato secondo una tecnica tradizionale, cioè anastomosi ileo-retto che, come è ben comprensibile dalla parola, prevede l’asportazione del colon malato e l’abboccamento dell’ileo con un piccolo tratto residuo di retto. Siccome il retto è la porzione di intestino sempre colpita, è ovvio che si debba continuare per lunghi periodi con terapie locali e controllo della mucosa rettale.

L’altro intervento, di più recente introduzione, consiste, invece, nella ricostruzione di una nuova tasca rettale con la mucosa dell’intestino tenue, mediante il suo abboccamento con il margine anale (anastomosi ileo-ano). Quest’ultimo intervento presenta il vantaggio di favorire l’eliminazione di ogni area affetta da malattia anche se una percentuale fortunatamente piccola di pazienti può sviluppare una nuova condizione flogistica della nuova ampolla.

Questo quadro, tuttavia, viene comunque ben controllato da un modesto approccio di terapia medica.

11) C’è rischio di cancro?
Questo problema è stato probabilmente eccessivamente enfatizzato negli anni precedenti, in quanto si riportavano i dati riferiti a casistiche caratterizzate dall’osservazione dei malati clinicamente più compromessi. Negli ultimi studi compiuti su una popolazione malata, si è visto che il problema è di poco superiore a quello della popolazione di controllo, non affetta dalla malattia. Negli anni passati sono stati suggeriti o eseguiti dei controlli periodici con colonscopie e biopsie.

La loro efficacia per la prevenzione della displasia grave, quadro preneoplasico, sembra oggetto di discussioni. Probabilmente l’incidenza di forme tumorali si è notevolmente ridimensionata in quanto si cura sempre più e meglio il paziente. Le cure mediche, infatti, riducono il numero degli attacchi e la loro severità e, probabilmente, viene così ridotto lo stimolo indotto dall’infiammazione. L’intervento chirurgico elimina poi quelle situazioni considerate a rischio, quali l’insorgenza in età giovanile, le forme molto attive estese e spesso recidivanti. Ecco perché in alcuni studi il problema della degenerazione maligna viene ritenuto simile a quello della popolazione generale.